ROMA – Italicum è il nome della riforma elettorale voluta da Matteo Renzi. A proposito di Italicum, mentre il 2015 volge inesorabilmente al suo termine, il professor Angelo Panebianco dalle colonne del Corriere della Sera non ci risparmia un’altra sua sviolinata al regime renziano. Premesso, bontà sua, che la politica non ci mette mai nelle condizioni di scegliere tra il bene e il male, giunge alla conclusione che l’Italicum, il sistema elettorale voluto con forza da Renzi è, tutto sommato, il minore dei mali. È un male, a suo giudizio, perché si muove ancora nell’ambito dei sistemi elettorali proporzionalistici, ma è il minore dei mali perché garantisce la governabilità. Governabilità, questo è il feticcio al quale i laudatores temporis acti inneggiano, come fosse una medicina taumaturgica capace di assicurare crescita e prosperità.
Per Panebianco nei Paesi che hanno adottato i sistemi elettorali maggioritari le popolazioni hanno accettato di essere governate da governi espressione di minoranze. Questa sarebbe per lui la ragione della superiorità del sistema maggioritario puro.
Sfugge a Panebianco che i sistemi elettorali non sono chiamati a garantire la stabilità, bensì ad eleggere un Parlamento che dovrebbe rappresentare il popolo elettore. Ci piace ricordare, ancora una volta, l’affermazione di Giuseppe Mazzini che “il Parlamento è il popolo in atto di far leggi”. La governabilità si raggiunge per altre vie (Germania docet) e non con la scorciatoia del meccanismo elettorale. Le strade dell’inferno, infatti, sono sempre lastricate di buone intenzioni.
La democrazia si basa su alcuni concetti semplici: la rappresentatività del Parlamento, la divisione e l’equilibrio dei poteri. Se questi due elementi vengono affievoliti la democrazia rischia di essere compromessa e di scivolare verso regimi autocratici che possono anche mantenere la formalità di definirsi democratici, ma che democratici non sono.
Sfugge a Panebianco , come sfugge ai politologi di fede renziana, che l’Italicum, con il suo lauto premio di maggioranza ad un solo partito intende assorbire, e quindi cancellare, tutte quelle espressioni politiche minoritarie, che pure rappresentano una parte dei cittadini, e imporre la volontà di un solo partito (questa sarebbe la governabilità). Non a caso Renzi lumeggia l’idea di un partito della Nazione, ovvero un partito personale del capo. Un’idea, peraltro, non tanto originale. Il padre di questa idea è, infatti, un altro presidente del consiglio, quel Benito Mussolini che nel 1923 fece approvare da un parlamento riluttante la legge elettorale Acerbo, che garantiva, guarda un po’, un lauto premio di maggioranza al partito che fosse arrivato primo e che l’anno successivo alle elezioni del ’24 si presentò, altra coincidenza, con la Lista Nazionale, che assorbiva nazionalisti, liberali, benpensanti ecc.
Sfugge a Panebianco che questa legge elettorale si accompagna ad una modifica della Costituzione, che cancella il bicameralismo perfetto, riducendo i poteri parlamentari, e a una legge di riforma del sistema pubblico radiotelevisivo che, relegando al ruolo di comparsa il Consiglio di Amministrazione e concentrando tutti i poteri decisionali nelle mani dell’Amministratore Delegato, nominato dal Presidente del Consiglio, mette l’informazione pubblica sotto il diretto controllo del Capo del Governo.
Che democrazia è quella in cui è il Capo del Governo che nomina i parlamentari, controlla la Rai, la Corte Costituzionale e ogni altro potere dello Stato?
Panebianco la chiama governabilità. Per noi è soltanto il suicidio della democrazia. La chiave di questo scellerato disegno è la legge elettorale. Per questo, l’italicum non è il minore dei mali, è il peggiore.