La Voce Repubblicana

Quando delle riforme resta solamente l’apparenza

Il pacchetto Bersani e la propaganda/Ma non siamo di fronte a vere liberalizzazioni

Ma valeva davvero la pena affrettarsi a varare con decreto-legge, e per di più con il voto di fiducia, il pacchetto di misure messe frettolosamente a punto dalla coppia Bersani – Visco? A nostro parere, no, ma evidentemente a parere di Prodi e dei suoi consiglieri, sì. Non vi è dubbio che sul piano mediatico, grazie al controllo e al sostegno di tutta la grande stampa di informazione, il provvedimento è stato propagandato come l’inizio dei un processo di liberalizzazione, finalmente il via alla cosiddetta “agenda Giavazzi”. Le manifestazioni di piazza, in molti casi eccessive e oltre i limiti della legalità, dei tassisti, dei farmacisti e degli avvocati hanno, peraltro, finito per avallare nell’opinione pubblica la tesi che questo governo si stia muovendo seriamente sulla strada delle riforme liberali. Tanto che lo stesso il Manifesto ci ha tenuto a chiarire che “liberalizzazione” è parola dai molti significati e che una cosa è il “disboscamento di posizioni di rendita o di monopolio privato” (leggi tassisti, farmacisti, avvocati e notai), un’altra cosa la liberalizzazione, per esempio, dell’energia e di tutto ciò che è sotto il controllo dello Stato, preannunciando, con buona pace del ministro Bersani, che se si dovesse arrivare alle liberalizzazioni vere la sinistra radicale opporrà un secco rifiuto.

Ma, a prescindere dalla tenuta della maggioranza su un’ipotetica linea liberalizzatrice, quello che ci preme sottolineare è che questo decreto Bersani, né necessario né urgente, può essere definito in tutti i modi tranne che un provvedimento liberale. Scarsa attenzione è stata posta dai giornali alla parte preponderante del decreto, che è quella fiscale e che è stata scritta dal viceministro Visco: una intricata ragnatela di controlli, che con la scusa di combattere l’evasione fiscale, finirà per imbrigliare la vita di ogni cittadino e per soffocare l’imprenditoria, con il rischio che soprattutto la piccola impresa privata scompaia o si inabissi, per sopravvivere, nel mercato nero. Già in questi giorni, molti artigiani stanno chiudendo i loro conti bancari, chiedendo alla loro clientela di essere pagati in contanti. A dimostrazione che questa legge produrrà esattamente gli effetti opposti a quelli che voleva conseguire. Bisogna dare merito a Oscar Giannino di essere stato il primo e, forse, l’unico giornalista a imbarcarsi con rabbia e indignazione contro una legge che più che liberale sarebbe meglio definire liberticida.

Quanto, poi, alla parte Bersani (minoritaria rispetto alla parte Visco) sarà il caso di smascherare i suoi contenuti pseudo-liberali. Iniziamo dalle misure sui taxi, che hanno suscitato tanto clamore anche grazie alle occupazioni di stazioni aeroporti e piazze in tutte le principali città italiane e le minacce contro il prof. Giavazzi, reo di essere l’ispiratore delle liberalizzazioni. Bene, basta leggere il testo originario del decreto per capire che non c’è proprio nessuna liberalizzazione, come ha giustamente rilevato sul Corriere della Sera Piero Ostellino. Vi si prevedeva, infatti, soltanto la possibilità per i comuni di conferire nuove licenze, bandendo pubblici concorsi. Sfidiamo chiunque a dimostrarci che il sistema delle licenze sia compatibile con il concetto di liberalizzazione.

Anche sul fronte delle farmacie la liberalizzazione è solo apparente, tanto che la protesta dei farmacisti è prontamente rientrata senza necessità di alcuna modifica al testo, come invece è avvenuto per i tassisti. Il decreto prevede, cosa sacrosanta che ci dovrebbe avvicinare agli altri paesi civili dell’occidente, la possibilità di vendere i medicinali da banco anche nei supermercati. Finalmente potremmo comprare aspirina e cerotti alla GS! La legge, però, prevede un requisito, ovvero che per poter vendere l’aspirina i supermercati debbano assumere un farmacista e retribuirlo come tale. Alla fine, possiamo esserne certi, la spesa non varrà l’impresa e tutto resterà come ora. In ultimo, l’abolizione dei minimi tariffari previsti dagli ordini professionali per chi esercita la libera professione. Questa sì, dobbiamo ammetterlo, è una misura liberalizzatrice. Ma, a ben guardare, è più formale che sostanziale. Chi abbia a che fare con medici o avvocati sa che i tariffari ordinistici sono da tempo inutili e superati orpelli.

E così, con pochi e modesti provvedimenti, Bersani ha acquisito il titolo di liberalizzatore. Sarà allora il caso di sfidarlo sulle liberalizzazioni vere, su quelle del mercato dell’energia, che la sinistra osteggia, sul sistema bancario che impedisce la concorrenza con le banche estere e anche sul mercato del lavoro, dove lo aspetta un nodo lasciato irrisolto dal governo Berlusconi: quello dell’art.18 dello statuto dei lavoratori. Un nodo che prima o poi dovrà essere reciso.

Da: http://www.pri.it/Agosto%202006/TartagliaBersani.htm

La Voce Repubblicana

20 Ago 2006

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