da La Voce Repubblicana (21 novembre 2007)
Legge elettorale e Costituzione/La via maestra è quella di modificare la Carta
Dall’inizio di questa tumultuosa e impotente legislatura sono state presentate in Parlamento ben quattordici proposte di legge di modifiche costituzionali. Alcune di rilievo marginale, altre decisamente più incisive. Tutte, però, slegate tra loro e non rispondenti ad un disegno organico di modifica della nostra carta costituzionale. Ciò nonostante, la prima Commissione permanente della Camera, dopo averle esaminate, ha deciso di assemblarle in una proposta unificata, che ha sottoposto alla discussione dell’assemblea. Ne è venuto fuori un testo difficilmente digeribile, nonostante le buone intenzioni verbali dei relatori che hanno voluto parlare di “adeguamento” della costituzione e non di “riforma”, insistendo sulla “validità della Carta costituzionale dell’Italia post-bellica”. Il che ci pare già sbagliato come punto di partenza.
In buona sostanza, questa ipotesi di “adeguamento” costituzionale si baserebbe tutta sulla modifica del bicameralismo paritario e la previsione di un “Senato federale della Repubblica”, che sarebbe espressione delle realtà locali, ovvero delle Regioni e delle autonomie locali. Il Senato non sarebbe più eletto dai cittadini, ma in secondo grado dai consigli regionali e da quel Consiglio delle autonomie locali, già introdotto nella modifica costituzionale Bassanini e che, per fortuna, non è mai stato realizzato. Scollegato dal rapporto diretto con i cittadini, il Senato non sarebbe più chiamato ad esprimere la fiducia al Governo, che rimarrebbe di esclusiva competenza della Camera, ed avrebbe un potere di legislazione ridotto, pur rimanendo in piedi il principio della doppia lettura.
A corollario di questo bicameralismo sbilanciato cambierebbero i rapporti tra Governo e Parlamento. La fiducia, come si è già detto, rientrerebbe nelle competenze esclusive della Camera e sarebbe accordata non più al Governo, ma al Presidente del consiglio, che avrebbe anche il potere di revoca dei singoli ministri. Tutto qui.
Francamente non si comprende l’utilità di questo lavoro della prima Commissione, se non con la maliziosa interpretazione che ancora una volta la maggioranza, come è già accaduto in passato, voglia tentare di mantenere in vita una legislatura asfittica ingraziandosi i parlamentari della Lega con lo specchietto del Senato federale. Ma non è con queste furbizie che si può e si deve arrivare ad una riforma ragionata e seria della Costituzione. E a ragione, intervenendo nel corso delle prime discussioni parlamentari, Giorgio La Malfa ha messo in evidenza la mancanza di un disegno complessivo del progetto, criticandone anche i singoli aspetti e in particolare l’astruseria di introdurre un Senato federale in uno Stato che, fino a prova contraria, è ancora uno Stato unitario.
Detto ciò, però, l’esigenza di procedere ad una riforma della Costituzione resta inalterata, proprio a fronte della constatazione che occorre affrontare problemi che si sono dimostrati irrisolti – come ha detto La Malfa alla Camera – “sia che governi la destra da sola, sia che governi la sinistra da sola”. Ma se nessuno dei due schieramenti è capace di affrontare e risolvere i problemi del Paese, evidentemente qualcosa non funziona strutturalmente nella macchina costituzionale. E allora, anche realizzando governi, contingenti, di grande coalizione si possono, forse, ma non ne sarei così sicuro, risolvere alcuni problemi nel contingente, ma resterebbe comunque irrisolto il problema di come garantire strutturalmente la governabilità, che è questione squisitamente costituzionale.
“I maggiori problemi italiani – ha scritto domenica sul Corriere della Sera Sergio Romano – non sono il debito, il deficit o la pressione fiscale. Il vero nodo da cui dipende il futuro del Paese, è una riforma costituzionale che sottragga il presidente del consiglio al continuo ricatto dei suoi ministri e il governo al continuo ricatto di un Parlamento frammentato, capace di esprimere soltanto la somma algebrica di interessi particolari.” Come si può non essere d’accordo?
Occorre allora sottrarsi alla insana illusione che la governabilità si possa inseguire con la riforma della legge elettorale, come purtroppo pensano in molti sia a destra che a sinistra. Si abbandonino queste facili ma inutili scorciatoie e si imbocchi, perciò, la via maestra di una ampia e condivisa riforma di tutta la Carta costituzionale, che la depuri finalmente da tutti quegli antichi e obsoleti ideologismi, e anche di quelle paure, che l’hanno partorita 60 anni fa e che oggi la rendono impraticabile.
Fonte: http://www.pri.it/20%20Novembre%20Internet/TartagliaLegEletCost.htm