La Voce Repubblicana

Qual è il motivo per porre in liquidazione il Pri?

da La Voce Repubblicana (25 novembre 2008)  

Dibattito sul futuro del Pri/E’ opportuno proseguire nel nostro cammino politico

Il segretario del partito nel suo articolo di fondo su questo giornale del 12 novembre ha posto a tutti i repubblicani un interrogativo ben preciso: “nell’attuale situazione politica c’è spazio per far vivere in modo autonomo le idee repubblicane?”, precisando che il problema che ci si pone è se “c’è spazio per l’idea repubblicana come ragionamento politico collettivo e non come spazio culturale”.

Questo interrogativo non è nuovo e personalmente credo di aver già risposto proprio in occasione della prima riunione operativa, con l’obiettivo di dare vita al Pdl, tra Forza Italia e Alleanza Nazionale a cui erano stati invitati anche i partiti minoritari che sorreggono la maggioranza di Governo e tra questi il Pri.

In quella occasione ho motivato le ragioni che ci dovrebbero indurre a declinare l’invito dei nostri alleati e a proseguire sulla strada dell’autonomia. Non è perciò il caso di ripetermi, anche perché nel frattempo non mi pare che siano intervenuti fatti nuovi tali da giustificare un mutamento di giudizio. La riproposizione, però, di quell’interrogativo da parte del segretario impone a tutti i repubblicani di esprimersi con la massima chiarezza, anche in previsioni delle prossime scadenze. Mi limito, perciò, ad aggiungere alcune ulteriori brevi riflessioni che rafforzano il mio convincimento sull’opportunità di proseguire nel nostro cammino politico, ancorché manchino quei “supporti finanziari”, che per inciso vorrei ricordare non sono mai stati sufficienti e che abbiamo sempre superato e che non possono divenire oggi un alibi per nascondere scelte diverse.

Prima considerazione. A monte del quesito: proseguire nell’esperienza di partito autonomo o innestare, in una prospettiva bipartitica, la nostra cultura e i nostri valori nell’ineluttabilità in un soggetto politico più ampio, si pone, a ben vedere, un altro quesito. Portando il nostro bagaglio di storia, cultura ed esperienza e le istanze che rappresentiamo in un altro soggetto estremamente eterogeneo, che possibilità abbiamo di incidere sulla nuova realtà e di direzionarla? Qualcuno potrebbe sostenere che a priori non è possibile prevederlo, ma gli avvenimenti di un recente passato possono aiutarci a rispondere.

All’indomani del colpo di stato mediatico-giudiziario che ha sconvolto l’assetto politico-istituzionale del nostro Paese, si è illusoriamente fatto credere (per effetto di una ben orchestrata campagna di stampa tesa a evitare la naturale liquidazione del partito comunista ormai inesorabilmente condannato dalla storia) che i partiti tradizionali non fossero più in grado di rispondere alla mutata realtà e che si dovesse imboccare la strada del bipolarismo e della semplificazione del quadro politico. In quella prospettiva molti e autorevoli amici repubblicani valutarono che l’esperienza del Pri, come soggetto autonomo, fosse ormai esaurita e che innestarla in un nuovo soggetto collettivo, naturalmente di sinistra, approfittando proprio della liquidazione della cultura marxista e della improponibilità di un partito post-comunista, la avrebbe posta, quasi per conseguenza naturale, alla guida di questa nuova realtà. Fu una generosa illusione. Nel Pds, nei Ds e oggi nel Pd non vi è nessuna traccia, né minima né marginale della presenza repubblicana.

Ne prendano atto con serenità quegli amici, ma prendiamone consapevolezza anche noi. Non portammo il partito a sinistra perché ci fu detto che non c’era più spazio a sinistra per un autonomo partito repubblicano. Lo abbiamo in questi anni collocato in una coalizione alternativa, al cui interno ci era riconosciuta autonomia, libertà di scelte, dignità di partito e nella quale abbiamo fatto sentire senza remore la nostra voce. Oggi questo quadro sembra mutato e ci si chiede una scelta diversa. Ma chi pensa che ci si debba sciogliere nel Pdl è convinto che il nostro futuro possa essere diverso da quello di quanti vollero portare il Pri nel Pd? Se a questo interrogativo dobbiamo rispondere con onestà intellettuale, la risposta non sarebbe che una sola. Entrare nel Pdl significherebbe la fine del partito.

Seconda considerazione. Le elezioni politiche hanno espresso una maggioranza molto ampia e stabile, tale comunque da non far prevedere una sua prematura interruzione. Questo significa che per i prossimi anni non avremo da preoccuparci per la nostra presenza parlamentare. Ma nei prossimi anni, anzi già dai prossimi mesi, avremo importanti scadenze elettorali, a iniziare da quelle per il rinnovo del Parlamento Europeo. Tutte le prossime occasioni, perciò, (Parlamento Europeo, Comuni Province e Regioni) saranno affrontate con un sistema elettorale ancora, per fortuna, proporzionale e le elezioni europee di giugno (cioè domani) con un sistema proporzionale che non prevede alcuna soglia di sbarramento. Quale è allora la necessità e l’urgenza di porre in liquidazione il Pri? Non dimentichiamo che vi sono aree territoriali in cui quella repubblicana è una presenza consistente e consolidata. Sopprimerla non sarebbe un atto di compassionevole eutanasia ma un vero e proprio ingiustificabile omicidio. Non dimentichiamo inoltre che anche di recente sono in molti, scontenti della gestione politica di sinistra e di destra, coloro che si sono avvicinati al Pri, vedendo nel suo attaccamento tenace a preservare autonomia di giudizio e di presenza, non un residuo del passato ma una speranza per il futuro. Vogliamo deludere queste aspettative? Anche questo sarebbe un delitto.

E allora non spendiamo altro tempo a interrogarci su un quesito al quale la coscienza collettiva dei repubblicani ha già risposto. Rimbocchiamoci invece le maniche e pensiamo da subito ad affrontare le elezioni europee con l’obiettivo di assicurare anche nel Parlamento dell’Europa una presenza italiana autenticamente liberale. Ultima annotazione. Onde evitare ogni possibile confusione è bene che il partito formalizzi senza indugi l’interruzione di ogni dialogo sull’argomento con gli altri soggetti che vogliono dare vita a un partito unico. Per farne un circolo esoterico c’è sempre tempo.

Fonte: http://www.pri.it/new/25%20Novembre%202008/TartagliaFuturoPri.htm

 

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